![Eccolo, in tutta la sua violenza, il personaggio principale di Minecraft!]()
Siamo abituati, soprattutto noi videogiocatori cresciuti tra la fine degli anni '80 e i primi anni '90, alle dicerie in merito a quanto la violenza dei videogiochi possa indurre ad ad azioni di pura follia omicida. Credo sinceramente di aver sentito più leggende metropolitane su fantasiosissimi crimini (mai esistiti) compiuti in emulazione dell'ultima missione portata a termine a
San Andreas, piuttosto che quelle sul battere la
Lega Pokémon 100 volte per catturare Mew.
Rimanendo in tema, c'è stato l'effettivo caso di un bambino che nel 2013 ha
sparato accidentalmente alla nonna giocando con una pistola pochi minuti dopo aver giocato a
Grand Theft Auto IV, ed ovviamente le grandi intelligence hanno ricollegato l'intera vicenda alla forza manipolatrice del titolo Rockstar. Un po' come dire che se si scoprisse che un serial killer avesse guardato
l'Albero Azzurro prima di compiere una strage, sicuramente ci sarebbe un collegamento fra le due cose; il problema non è lasciare giocare con un'arma da fuoco un bambino che - per legge - non è capace di intendere e di volere. È il videogioco.
Ultimamente tuttavia la situazione sta sfuggendo di mano. Già abbiamo dedicato anni fa un
articolo a riguardo, ma sembrano ormai fioccare notizie al limite dell'assurdo che esulano anche dal buonsenso: 'sta volta nel mirino della censura potrebbe finirci niente poco di meno che
Minecraft.
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![Eccolo, in tutta la sua violenza, il personaggio principale di Minecraft!]()
Ecco in tutta la sua violenza il personaggio principale di Minecraft. Con il sorrisetto sadico.[/caption]
Il governo turco, attraverso un'investigazione posta in essere dal
Ministero delle Politiche Sociali, avrebbe sollevato la proposta di
bandirlo in quanto potrebbe istigare alla violenza: infatti all'interno del gioco
si possono ottenere punti uccidendo vari personaggi, fra cui anche donne. Vi sono stati ovviamente già i primi commenti al riguardo, quali quelli della
PEGI che obietta
"Benché vi sia una forma di violenza, è decisamente stilizzata come lo sono gli stessi personaggi, a malapena riconducibili a figure umane", oppure quella di un noto giornale turco di gaming
"Non ho mai sentito nessuno imbracciare una spada ed uccidere persone per colpa di Minecraft".
L'investigazione è ancora in corso, dunque nulla è deciso, ma potrebbe esserci una dichiarazione di un'effettiva illegalità di Minecraft in questo paese nelle prossime settimane.
Vorrei dunque invitare i nostri lettori ad una piccola riflessione, perché se il potere della "penna informatica" lo utilizzassimo solo per osannare i capolavori o bocciare i titoli che non convincono, mancheremmo in futuro della possibilità di lamentarci per un drastico peggioramento delle cose. Minecraft è davvero un gioco all'interno del quale è possibile riscontrare una qualsivoglia forma di violenza? Davvero un adulto grande e vaccinato può arrivare a pensare che colpire con un pugno a forma di quadrato oggetti e "persone" altrettanto cubiche (dovrei aggiungere altre settecento virgolette, ma ve le risparmio) stimolerebbe un bambino a fare altrettanto? Non stiamo più parlando di giochi come il futuro
Hatred oppure i già citati free roaming sicuramente basati su una simulazione di azioni violente e criminose. Qui stiamo parlando di un gioco che fa di quell'accenno di violenza che vi si volesse scorgere un uso che dire accessorio sarebbe esagerare. Perché non abbiamo sentito mai dire di giochi come
Frogger che istigano al suicidio in autostrada,
Pacman al cannibalismo e
Super Smash Bros. al femminicidio? Seriamente, per quanto possano sembrare stupidi gli esempi, purtroppo la logica alla base di questi ragionamenti è la stessa.
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![Quanto ci vuole a far diventare un gioco scherzoso un manifesto pro violenza domestica?]()
Quanto ci vuole a far diventare un gioco scherzoso un manifesto pro violenza domestica?[/caption]
La nuda e cruda verità, lettori di Parliamo di Videogiochi, è che in un mondo in tensione sul fronte orientale ed in pieno tracollo finanziario non si sa più che pesci prendere. Mi sembra veramente un cercare ossessivamente il
capro espiatorio nelle piccole cose, quelle che ci fanno parlare (e di fatti eccoci qui), quelle che ci fanno distrarre. E non fraintendetemi, non sto parlando di vari complottismi da quattro soldi: mi sembra proprio nella natura umana nascondersi dietro il dito, dietro il suddetto pugno quadrato in questo caso, per ignorare quello che succede intorno a noi e che ci spaventa davvero. Pensiamo a Minecraft e a qualsivoglia videogioco con un minimo di violenza, fa comodo parlarne, metterlo in croce e magari riderne come di una bella notizia di gossip che ci fa dimenticare tutto il resto.
Il mondo dei videogiochi è semplicemente un'industria che lavora sull'intrattenimento, e dopo vent'anni passati davanti allo schermo trovo ancora difficile pensare che sia possibile influenzare le proprie azioni giocando a questo o l'altro gioco. Credo che, per casi estremi, serva una forma di sensibilità (patologica) di base, e che comunque l'eventuale atto di follia possa derivare da tanti altri fattori che giocano sulla mente dell'individuo pur non necessariamente collegati in maniera diretta con la violenza: una canzone, un film, un cartone animato, un libro.. e via dicendo.
Difendiamo questo mondo che può invece divenire persino formativo, quando i titoli sono così profondi da lasciare nel videogiocatore qualcosa di indelebile, spunto morale o vero e proprio insegnamento di vita che sia.
Il videogioco non è il male, è una forma di intrattenimento che piace ed ha i suoi lati positivi; come ogni cosa non bisogna fruirne con esagerazione, ma del resto potremmo giudicare negativamente anche chi passa tutta la settimana a guardare solo serie TV - per dirne una - senza fare null'altro di produttivo.
E mentre noi scriviamo questo, oggi in Turchia un uomo ha accoltellato la moglie, salvata poi in fin di vita da un passante. Intanto il Ministro delle Politiche Sociali indaga su Minecraft. Magari ha ragione e scoprono che il marito le ha tirato un
blocco di lava.